Alberto Valente
Giunto alla soglia
Andato al mondo
Con sguardo di marmo
Mi guardo.
Impietoso.
M’immagino morto e sepolto
Riassunto
In laconica epigrafe
” parlò con tutti
di tutto parlò ”
e di questo parlare
mi parlo.
Del verbo proluso
Del prologo andante
Del dire fluente
Che bocca capiente
Con fare suadente
S’approcciò alle facce
Si strinse alle cose
Le annodò
Impiccò con avverbi
Le rese miei servi
Con shampoo di modi
E doping estetici.
Estatico dire
È stato… che dire
Che dire del tempo
E dire che è tanto
E dire che è poco
È lo stesso.
Ma il fuoco…
Il fuoco…
Il fuoco che brucia la lingua
Di frasi s’inpingua
S’infanga
S’impasta
S’iintreccia di rasta
Di resta t’infilza
Ti stringe la milza
Il parlare
T’ingozza il piloro
Il bisogno di dire
Che dire?
Trascorse la vita
Di tutto parlò
Ma il punto
L’appunto che faccio è
Il punto dov’è?
Che giunto alla tomba
O d’appresso
La domanda mi cresce
Mi sale
Di sale che brucia
È ormai solo questa
Il punto dov’è?
Di tutte le cose
Di tutte le frasi
Gli annunci
I proclami
Urlati inghiottiti
Banfati assorbiti
Lo vedi lo vedi
Che son già caduti
Andati
Marciti
Fluiti nei tubi
Finiti ammassati scaduti
Nei loro bidoni
Interrati e già esplosi
Monnezza monnezza
Campana già fessa
In partenza
Non differenzia
Né riduce
Né ascolta
Andati marciti scaduti
Agli angoli ottusi
Dei discorsi da pub
Dei fraseggi del pube
Fraseggi motteggi asserzioni
Puntini sospesi
Spuntini capresi
Da autostazioni
Senza fine
Senza un fine
A questo lega
Il mio tempo
Per anni
E ancor mi domanda
Il punto dov’è?
Dov’è quel filo
Che scorre
Che snoda gli eventi
Se tutto s’annoda
S’ammassa il vociare
Tra mura e lamiere
Tra corde e ringhiere
Tra ringhi e mugghiere
S’affanna sto dire
Che acquieta il tormento
Il viola violento
Di uno scatto alla risposta
Che in lei c’ho riposta speranza
Di tutto sto dire
Ma il punto dov’è
Il punto
Il finale
Il finale a sorpresa
Che scioglie riserve
Che svela la trama
Che risolve il conflitto
Che assolve la spesa
Di tutto sto dire
Sto mercato
Di bocche
Di orecchie
Di sguardi bastardi
Come cani meticci
Come lupi allupati
Come ruspe ruspanti
Cerchiamo prati silenziosi
Da sventrare riempire cambiare
Vuoti che tappi
Monti che buchi
Silenziosi monti di bruma
Grigi grigioni
Lenti lessini
Sempre più rari
Lontani
Che il polo si scioglie
Si scioglie e non parla
Delle nostre parole
Delle onde sonore
Dei trilli venefici
” La Marta è già stata in vacanza
Ma guarda…
E Pino s’è iscritto in palestra
Ma pensa…”
Sti trilli malefici
Che non scuotono più
Sguardi narcotici
Occhi moribondi
Che cercano nulla
Che chiedono il nulla
È finito il silenzio
È finito
In questo foglio
È finita la bruma, il bianco, l’ozono e il suo polo
È finito
E forse, sfinito,
un punto
adesso
ci sta.